Giornata per gli ammalati del mese di marzo 2023

Pastorale salute

In ascolto del Magistero

Le parole della Chiesa per la pastorale della salute

L’atto umano del prendersi cura

Il buon samaritano che lascia il suo cammino per soccorrere l’uomo ammalato è l’immagine di Gesù Cristo, che incontra l’uomo bisognoso di salvezza e si prende cura delle sue ferite e del suo dolore con l’olio della consolazione e il vino della speranza.

Nella lettera Samaritanus bonus, lettera della Congregazione per la dottrina della fede del 22 settembre 2020, è possibile cogliere nel concetto di cura un moto essenziale che dalle ferite del corpo abbraccia l’altro nei suoi bisogni più intimi. Scorgiamo anche la figura di un Gesù medico, che fornisce all’atto di cura una valenza non solo cristiana, ma ancor prima umana.

In ascolto del Magistero: parleremo della dimensione umana e spirituale del prendersi cura, nonché dell’approccio totale alla persona e alla sua fragilità, evidenziando la dimensione relazionale di tale atto, che apre il bisognoso alla speranza.

Innanzitutto, è doveroso porsi in ascolto di quanti hanno scelto in forma professionale di prendersi cura dell’altro, ben consapevoli che tale impegno costituisca in sé una chiamata di peculiare dedizione ai bisogni della persona. Questo è ben esplicitato nella nuova Carta degli operatori sanitari pubblicata dal Dicastero dello sviluppo umano integrale (2016).

“L’attività degli operatori sanitari è fondamentalmente un servizio alla vita e alla salute. Ha il valore di servizio alla persona umana, poiché salvaguardare, recuperare e migliorare la salute fisica, psicologica e spirituale significa servire la vita nella sua totalità.”

Proseguendo, il documento definisce le due dimensioni peculiari nelle quali la cura si esplica in ambito sanitario: cura della salute e assistenza sociosanitaria. Si sottolinea che nessuna istituzione può effettivamente rispondere al bisogno delle persone, se non attraverso l’incontro intimo che si manifesta nella relazione di cura.

“Benché le istituzioni assistenziali siano molto importanti, nessuna può da sola sostituire il cuore umano quando si tratta di farsi incontro alla sofferenza dell’altro. La cura della salute si svolge nella pratica quotidiana, in una relazione interpersonale contraddistinta dalla fiducia di una persona segnata dalla sofferenza e dalla malattia, la quale ricorre alla scienza e alla coscienza di un operatore sanitario che le va incontro, per assisterla e curarla, adottando in tal modo un sincero atteggiamento di compassione, nel senso etimologico del termine.”

Nell’istruzione Dignitas personae della Congregazione per la dottrina della fede (2008), la scienza viene percepita come un ausilio prediletto di questo sforzo umanitario, che mai però deve rinunciare allo sguardo compassionevole, l’unico garante della dignità umana.

“Il Magistero intende portare una parola di incoraggiamento e di fiducia nei confronti di una prospettiva culturale, che vede la scienza come un prezioso servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano.”

Lo stile cristiano della cura si manifesta attraverso uno sguardo integrale volto alla cura dell’individuo, prima che di un organo danneggiato. Una cura che prende le mosse dalla fragilità di ciascun individuo umano ed un’esperienza ineludibile come quella dell’affinitezza. In questi termini si esprime la lettera Samaritanus bonus.

“L’esperienza della cura medica muove da quella condizione umana segnata dalla finitezza e dal limite che è la vulnerabilità. In relazione alla persona, essa si iscrive nella fragilità del nostro essere, insieme corpo – materialmente e temporalmente finito – e anima – desiderio di infinito e destinazione all’eternità -. Tale vulnerabilità dà fondamento all’etica del prendersi cura, in particolar modo nell’ambito della medicina intesa come sollecitudine, premura con partecipazione e responsabilità verso le donne e gli uomini, che si sono affidati perché bisognosi di assistenza fisica e spirituale.”

Ampliando il concetto di cura nella direzione di una presa in carico totale dei bisogni della persona, San Giovanni Paolo II nel motu proprio Dolentium Hominum (1985), ribadisce l’esigenza di nutrire il mondo sanitario e socioassistenziale di operatori, volontari e professionisti capaci di uno sguardo orientato al senso del patire, nonché alle istanze dell’umana fragilità. Tali operatori sanitari saranno nei luoghi della cura segni di speranza per i sofferenti.

“Si comprende perciò facilmente quale importanza rivesta nei servizi sociosanitari la presenza non solo di pastori di anime, ma anche di operatori, i quali siano guidati da una visione integralmente umana della malattia e sappiano attuare, di conseguenza, un approccio compiutamente umano al malato che soffre. Per il cristiano la redenzione di Cristo e la sua grazia salvifica raggiungono tutto l’uomo nella sua condizione umana e quindi anche la malattia, la sofferenza e la morte.”

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