OMELIA nella Celebrazione del XXV dell’Ordinazione Episcopale di S.E. Mons. Mario OLIVERI, Vescovo di Albenga-Imperia

Cattedrale di Albenga, 7 Novembre 2015

Eminentissimo ed Eccellentissimi Fratelli nell’Episcopato, cari Fratelli nel Sacerdozio, Distinte Autorità, e voi tutti, carissimi Fedeli che componete questa Santa Assemblea: sia Lodato Gesù Cristo! In questo Divino Sacrificio che celebriamo, mi è data la gioia e la grazia di rivivere il Giorno della mia Ordinazione episcopale. Con la santa Liturgia chiedo, oggi come allora, di saper esprimere nella santità della vita il Mistero di cui sono stato fatto partecipe ed il sublime ministero che mi è stato affidato. Con la parola Mistero ci riferiamo sempre ad una realtà essenzialmente divina, mai soltanto o principalmente umana: è Mistero tutto ciò che Dio opera affinché si compia ciò che egli ha voluto – nella sua assoluta e libera volontà – con la Creazione e con la Redenzione per mezzo del suo Verbo. Quale è – ci chiediamo – il Mistero di cui Dio rende partecipe del Sommo ed Eterno Sacerdozio di Gesù Cristo, l’Eterno Verbo-Figlio di Dio fatto Uomo, coloro che ricevono il sacramento dell’Ordine Sacro, ed in particolare coloro che lo ricevono nel sommo grado, quello dell’Episcopato? E quale è la dignità e la missione che derivano dal fatto di essere resi partecipi di tale Mistero? (è Mistero il Sommo ed Eterno Sacerdozio di Gesù Cristo ed è Mistero che l’uomo ne sia reso partecipe). Ci illumina, al riguardo, e ci introduce nella comprensione di tali realtà soprannaturali, la Parola di Dio, che è stata proclamata in questa solenne Liturgia e che noi abbiamo ascoltata con fede, interiormente e mossi dall’azione dello Spirito Santo. Ci illuminano e ci introducono nel Mistero le parole e le orazioni della Liturgia, che nutrono la nostra fede, poiché tutte richiamano la Parola di Dio, essendo di essa l’eco fedele. Ed è proprio il Prefazio, che sarà cantato, che ricorda che il Padre ha costituito il Cristo, suo Figlio, Pontefice della Nuova ed Eterna Alleanza, ed ha voluto che il suo unico Sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa, che Egli sempre forma come suo Popolo – popolo regale, sacerdotale profetico – per mezzo di coloro che Egli sceglie tra i credenti e li fa partecipi, attraverso l’azione sacramentale, del Ministero di Salvezza del suo stesso Figlio, e quindi capaci di perpetuare ministerialmente nel tempo e nello spazio la Missione di Salvezza dello stesso Cristo. Essi, pertanto, ricevono un essere nuovo, dal quale discende la capacità di compiere un’azione nuova, un’azione soprannaturale, un’azione generatrice di grazia e di salvezza. Essi vengono scelti e consacrati e costituiti e stabiliti affinché, innanzitutto, dicano la Parola di Dio. Riascoltiamo dalla Prima Lettura la Parola del Signore rivolta al profeta Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato, ti ho stabilito profeta delle nazioni… Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che Io ti ordinerò… Ecco, Io metto le mie parole sulla tua bocca”. Ciò che Dio ha promesso e dato al profeta Geremia, ai Profeti dell’Antica Alleanza, si realizza in pienezza nella Nuova ed Eterna Alleanza. La missione che il Pastore ha, appunto nella Nuova Alleanza, di dire la Parola di Dio, e perciò la Parola di Cristo, discende proprio dal suo essere fatto partecipe del Sacerdozio di Cristo. Questi, infatti, è l’Eterna Parola, l’Eterno Verbo del Padre, che Si è rivelato, che Si è fatto udire nel mondo, poiché il Verbo si è fatto Carne; tale parola sempre deve essere detta, affinché l’uomo giunga a conoscere il Padre, a conoscere Dio, conoscendo il suo Verbo. Nella piena e perfetta conoscenza di Dio, consisterà nell’eternità la vera vita per l’uomo, la sua eterna beatitudine. Nel tempo, però, nel pellegrinaggio che l’uomo deve compiere quaggiù, la conoscenza è imperfetta, è conoscenza per mezzo della fede ma è conoscenza vera. Quale tremenda responsabilità ha colui che, fatto partecipe del Sacerdozio di Cristo, diventa profeta, e deve quindi dire la Parola di Dio con assoluta fedeltà! Se non la dice con fedeltà, se dice parole sue, se quello che dice non è il riverbero dell’unica Parola, se la stempera e la sminuisce, se dice altro, egli non è profeta, non esercita il suo primo ed essenziale ministero. Sempre egli deve aver ben presente l’esortazione dell’Apostolo Pietro: Si quis loquitur, quasi sermones Dei: se il ministro di Cristo parla, sia la voce di Dio! Da questa necessità, che cioè il profeta non dica se non la Parola che Dio mette sulla sua bocca, Sant’Agostino trae la seguente conseguenza: “Se noi (in quanto ministri) diciamo cose o parole nostre, siamo pastori che pascono se stessi, non il gregge”. Ed ai Discepoli Gesù, l’Eterno Verbo fatto Uomo, comanda – come l’abbiamo udito nel Vangelo oggi proclamato, e così pure nel Giorno della mia Ordinazione episcopale – : “Non fatevi chiamare ‘rabbi’ (maestro), perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate ‘padre’ nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare ‘guide’, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo”. È vero però, anche, che lo stesso Gesù, nell’inviare gli Undici Discepoli nella missione apostolica che loro affida, dice “mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Chi ammaestra ed insegna è maestro, ma i discepoli, gli apostoli, lo sono non in forza propria, ma nella misura in cui dicono la Parola ed i comandi dell’unico Maestro, dicono e testimoniano l’Insegnamento, la Dottrina, di Colui che è la Parola di Verità e di Vita Eterna. Proprio mettendomi di fronte alla Parola di Cristo, nei propositi sorti nel mio animo e nella mia volontà ed espressi nel Giorno della mia Ordinazione episcopale, dicevo: “Terrò costantemente presente che avrò titolo di essere chiamato padre e maestro solamente nella misura in cui rappresenterò con verità l’amore misericordioso dell’unico Padre che è nei Cieli, e l’unica verità che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù”. Come potremmo, altrimenti, riferire a noi Pastori la Parola di Cristo ai suoi Discepoli: “Chi ascolta voi, ascolta Me”! * * * Tutto questo ci mette dinnanzi la Liturgia che celebriamo; ma essa ci dice anche che il ministero della Parola è rivolto a generare nel credente la vita nuova in Cristo Gesù, che è parimenti Parola di Verità e di Vita. È ancora il Prefazio che sottolinea con forza che coloro che diventano partecipi del Sacerdozio di Cristo e del suo Ministero di Salvezza sono costituiti per rinnovare nel Suo nome il Sacrificio redentore, preparare la Mensa Pasquale (cioè la Mensa del Corpo offerto e del Sangue versato), e come servitori dei Fedeli, nella Carità, nutrano il Popolo con la Parola di Dio e lo santifichino con i Sacramenti. Queste espressioni non sono se non la specificazione della Lettera agli Ebrei, là dove afferma (come abbiamo ascoltato nella Seconda Lettura): “Ogni sommo Sacerdote, scelto tra gli uomini e per gli uomini, viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire Doni e Sacrifici per i peccati”. Le cose che riguardano Dio sono eminentemente quelle che Dio stesso compie, nel suo Figlio e per mezzo del suo Figlio, affinché l’uomo diventi figlio di adozione, diventi partecipe della vita divina, diventi in unione con il Sacrificio di Cristo offerta gradita al Padre, liberato dal peccato e reso santo diventi gloria di Dio. Così si compie il Mistero della volontà di Dio, il Quale “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Il campo vero di azione del Pastore, di chi è fatto partecipe del Sacerdozio di Cristo, è dunque sempre – e si può ben dire essenzialmente – quello della Fede in Gesù Cristo, in tutto il suo Mistero ed in tutta la sua Parola, e quello della generazione a vita nuova in Cristo, della figliolanza divina, dell’eterna vita. Il generare la fede e la vita nuova è il grande e massimo servizio che il Pastore deve compiere nei confronti di chiunque. * * * Queste considerazioni che ho proposte alla vostra attenzione, alla luce della Parola di Dio, ci dicono che il Sacrificio che celebriamo non può che essere davvero un Sacrificio di lode ed un Sacrificio di ringraziamento per tutte le meraviglie che Dio opera nella sua Chiesa per mezzo dei sacri ministeri, per mezzo del ministero di coloro che Egli costituisce Pastori, capaci di operare sacramentalmente come ministri e docili strumenti del suo Figlio, per mezzo pertanto anche del mio ministero episcopale, che Egli, nella Chiesa, Si è degnato di affidarmi in questi venticinque anni. Ma in pari tempo, queste considerazioni muovono il mio animo ad un profondo esame di coscienza, il quale mi conduce a chiedere umilmente perdono a Dio: come sono stato fedele ai propositi che, ispirati dalla Parola di Dio, ho espressi nel giorno della mia Ordinazione episcopale? Come ho vissuto il mio ministero in rendimento di grazie, ordinando ed orientando tutto affinché Dio sia da tutti ed in tutto riconosciuto e glorificato? Mi sono impegnato con tutte le forze affinché la mia vita non sia difforme – allora dicevo – dall’insegnamento che proporrò a nome di Cristo, unico Maestro, in comunione di mente e di cuore col Successore di Pietro e con tutta la Chiesa? L’Orazione che oggi ho innalzata a Dio, coinvolgendo ed associandomi tutta questa santa Assemblea (alla quale va la mia vivissima gratitudine per la devota partecipazione), mi ha fatto chiedere di saper edificare con la parola e con l’esempio il Popolo a me affidato, per poter giungere insieme alla Vita Eterna. Parola e vita sono state pienamente concordi in questi venticinque anni di Episcopato? Voi siete stati testimoni del mio insegnamento e della mia vita, e pertanto vi chiedo di domandare perdono a Dio, per me e con me, di tutte le mie mancanze ed inadempienze; e se invece potete rallegrarvi di qualche aspetto positivo circa il mio ministero della Parola e dei Sacramenti, e circa la mia vita, lodate con me il Signore e con me ringraziateLo. In profonda comunione, continuiamo ad operare, a tutto compiere, affinché in tutte le cose sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo. Amen!

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