Omelia del Vescovo per la Santa Messa della Notte – Natale 2020 – Cattedrale di San Michele – Albenga

“Lo avvolse in fasce”

1. Dio entra nel mondo come un bambino: questo celebriamo in questa Notte Santa, questo celebriamo a Natale. L’ingresso di Dio nel mondo come vero uomo ebbe inizio allo stesso modo in cui è nato ciascuno di noi. Dio condivise quale nostro fratello, l’inizio di ogni vita umana.

2.Natale, quando Dio nel grido del parto infranse le nostre immagini di Dio” (Kurt Marti, fra i più rappresentativi poeti svizzeri del ‘900). “Lo avvolse in fasce” Εσπαργανωσεν  αυτον  da Σπαργανοω:  avvolgo in fasce, infascio, avvolgo, verbo  usato solo 2 volte nel Nuovo Testamento: Lc 2,7 e Lc 2,12 e solo due volte nell’Antico Testamento: Gb 38,9 e Ez 16,4). La nascita di Gesù secondo la carne nel Vangelo di Luca è affermata proprio da questo particolare, particolare che costituirà il dettaglio che l’angelo del Natale offe ai pastori come segno per riconoscere il figlio di Maria. Il gesto semplice, concreto, verissimo è compiuto dalle mani di Maria, Madre di Dio, in quella notte di angeli e pastori che vegliano facendo la guardia al loro gregge.

3. L’evangelista Luca mediante alcuni dettagli allusivi abbina la figura di Gesù che nasce a quella di Gesù che risorge: come Maria ‘avvolse in fasce’ il neonato e lo ‘depose in una mangiatoia’, così Giuseppe d’Arimatea ‘avvolse’ il corpo del Crocifisso in un lenzuolo e lo depose in una tomba’ (cfr Lc 23, 52.53). Il ripetersi dei termini e dei gesti compendia in un inizio e in una fine la manifestazione dell’umanità di Gesù. L’iconografia dell’oriente cristiano non sbaglia quando, scrivendo l’icona del Natale, propone Gesù Bambino che giace, come morto, in un oggetto che assomiglia più a una bara che ad una mangiatoia: il mistero del Natale non è solo la nascita di un bambino, è la nascita del Figlio di Dio nella sua totalità, dalla preesistenza come Verbo che era presso Dio, al suo farsi carne, alla sua passione, morte e risurrezione. Era una caratteristica della liturgia di Gerusalemme: non distingueva i vari misteri/eventi della vita di Gesù, ma celebrava ogni volta la totalità della storia della salvezza e l’insieme degli eventi salvifici della vita di Cristo. “Nasce a Betlemme, che significa “casa del pane”. Sembra così volerci dire che nasce come pane per noi; viene alla vita per darci la sua vita; viene nel nostro mondo per portarci il suo amore. Non viene a divorare e a comandare, ma a nutrire e servire. Così c’è un filo diretto che collega la mangiatoia e la croce, dove Gesù sarà pane spezzato” (Francesco).

4. I pastori scoprono semplicemente che “un bambino è nato per noi” (Is 9,5) e comprendono che tutta questa gloria, tutta questa gioia, tutta questa luce si concentrano in un punto solo, in quel segno che l’angelo del Natale ha loro indicato: “Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12). Questo è il segno di sempre per trovare Gesù, allora come oggi. Per festeggiare il vero Natale contempliamo questo segno: la semplicità fragile di un piccolo neonato, la mitezza del suo essere adagiato, il tenero affetto delle fasce che lo avvolgono. Lì sta Dio. Per incontrarlo bisogna andare lì, dove Egli sta.

5. Con il Mistero adorabile della sua Incarnazione e del suo entrare nella nostra storia Gesù Cristo, Parola onnipotente e definitiva di Dio, viene a condividere la nostra esistenza e a riempire le nostre vite: non dispensa risposte a gettone, non si risolve in un ansiolitico che ci strappi al dramma fondamentale dell’esistenza. “Il dolore è una presenza ed esige, perciò, la nostra presenza. A questo terribile problema solo Dio era in grado di rispondere: “Non sono venuto a spiegare, a dissipare i dubbi con una spiegazione, ma a riempire, o meglio, a rimpiazzare con la mia presenza il bisogno stesso della spiegazione”. Il Figlio di Dio non è venuto per distruggere la sofferenza, ma per soffrire con noi.” (Paul Claudel). Il Signore non ha risposto al problema dell’esistenza, della solitudine, del dolore e della sofferenza con una spiegazione, ma con la sua Presenza: è entrato nella storia per accompagnarci a viverla, si è fatto compagno dell’uomo in qualsiasi situazione si trovi, è entrato nelle terapie intensive, nei luoghi di guerra, nei barconi dei disperati…è l’Emmanuele, il Dio-con-noi! Se Lui c’è fugge la paura!

6. Il Verbo è entrato nel tempo: è nato l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Nelle nostre cattedrali e nelle basiliche, come nelle chiese più piccole e sperdute di ogni parte della terra e del nostro territorio diocesano, si leva commosso il canto dei cristiani: “Oggi è nato per noi il Salvatore”. Il Bambino che giace nella povertà di una mangiatoia ed è avvolto in fasce: questo è il segno di Dio, questa è la ‘risposta’ di Dio. Passano i secoli ed i millenni, ma il segno rimane, e vale anche per noi, uomini e donne di questo primo ventennio del terzo millennio che vivono questa singolare e drammatica congiuntura. “È segno di speranza per l’intera famiglia umana: segno di pace per quanti soffrono a causa di ogni genere di conflitti; segno di liberazione per i poveri e gli oppressi; segno di misericordia per chi è chiuso nel circolo vizioso del peccato; segno d’amore e di conforto per chi si sente solo e abbandonato. Segno piccolo e fragile, umile e silenzioso, ma ricco della potenza di Dio, che per amore si è fatto uomo” (San Giovanni Paolo II). La risposta di Dio a Natale è: io sono con voi, sempre, insieme attraversiamo la vita! Se Lui c’è fugge la paura! Buon Natale a tutti!

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