Omelia del Vescovo nella Solennità di Tutti i Santi – 1° novembre 2021 – Cattedrale di San Michele – Albenga

Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore

1. Oggi la Chiesa riunisce in una stessa festa tutti i suoi figli giunti nella Gerusalemme celeste, assolutamente tutti. Non vuole tralasciarne nemmeno uno. Quando beatifica o canonizza, ne beatifica canonizza solo qualcuno di questa moltitudine che nessuno può contare e pone costoro come rappresentativi di tutti gli altri dello stesso paese, dello stesso mestiere, della stessa epoca o dello stesso stato di vita e li offre come esempio al mondo intero e per tutti i tempi. I santi proclamati ufficialmente tali hanno già le loro feste durante l’anno. Oggi la festa è per tutti gli altri: della “generazione che cerca il tuo volto”! Chi sono?

2. Sono i santi anonimi, avvolti dal manto del silenzio. Quelli di cui non conosceremo mai il nome sulla terra. Quelli che, nascosti agli occhi degli uomini, sono custoditi nel segreto del cuore dell’Eterno Padre. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

Sono i santi delle nostre famiglie. Non c’è nessuno tra di noi che non abbia dei santi nella sua genealogia. Che lo sappia o no: un bisnonno, uno zio, un cugino, un genitore… Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!..

Sono i santi non dichiaratamente cristiani, semplicemente perché non hanno mai avuto l’occasione di incontrare Gesù, ma che Gesù ha salvato ugualmente secondo i suoi criteri intimi che Lui solo conosce, li ha trovati ‘degni di sé’ in forza della loro vita trasparente e buona. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

Sono i santi dei popoli pagani (il Vangelo ce ne offre qualche esempio), perché tutti i popoli hanno i loro santi, tutti i popoli hanno uomini e donne vissuti nell’amore e nel dono di . Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

Sono i santi che hanno vissuto effettivamente le beatitudini, senza saperne la fonte, che hanno vissuto il Vangelo, senza poter riconoscere il volto di Gesù nella sua Chiesa. Le frontiere della Chiesa non coincidono per forza con i muri delle nostre chiese. Dio solo che vede nel segreto dei cuori li conosce: “nell’ineffabile presenza di Dio, molti che sembrerebbero fuori sono dentro, e molti che sembrerebbero dentro sono fuori” (Sant’Agostino, De Baptismo, 5, 27). Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

Sono i santi miserabili, feriti: questa festa ce lo rivela: la santità non è sinonimo di perfezione morale. Si può essere naturalmente privilegiati dall’eredità, dalle origini, dall’ambiente familiare, dall’educazione, essere dotati di diverse qualità umane e di virtù naturali al punto di passare per santi, ed essere ben lontani dalla santità! Mentre persone diseredate per natura, dalla psiche ferita e fragile, possono offrire allo Spirito Santo un terreno di prima qualità. Un alcolizzato che, per puro amore, si priva di un solo bicchiere, può fare un atto più eroico di un monaco che fa prodezze di ascetismo. “Dio trasforma i difetti psicologici, le ferite affettive, in grazie di purificazione… Aggiungo: Dio fa diventare delle fonti queste stesse ferite. Tante più ferite, tante più fonti. Fonti dello Spirito Santo per il nostro mondo. Fonti di guarigione per la nostra umanità malata. Sono i più malati tra i suoi figli che diverranno i medici dei popoli” (Daniel Ange). Le nostre città sono popolate da molti più santi che delinquenti. Ed anche i delinquenti possono diventare santi, poiché il primo canonizzato – e da Dio stesso! – lo era senza dubbio: il ladrone crocifisso di fianco a Gesù che. scopre in Lui il suo Salvatore e Signore. Un santo è un modello di perfezione perché soprattutto è un figlio del perdono, un amico di Dio da ricevere come un segno di consolazione e di speranza. La bellezza di un santo non è quella di un indossatore o di una indossatrice, ma quella di un volto ferito! Poiché più un uomo porta un handicap pesante, più questo stesso peso lo trascina nel profondo del cuore di Dio, e questo stesso peso è la sua gloria. Più un essere è ferito dalla vita, più è amato da Dio. Più è rifiutato dagli uomini, più è protetto e custodito da Dio. Tanto più ferito, tanto più amato. Un essere umano è santo non perché trionfa con la forza di volontà sul suo caos interiore ed esteriore, ma perché la sua vita si abbandona al Padre e mostra così la vittoria della fedeltà di Dio in mezzo al disordine e all’imperfezione. E’ il trionfo della pazienza di Dio per il nostro rifiuto, la sua capacità di rispondere ad ogni resistenza con il dono di sé stessi. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

Sono i santi giovani d’oggi! A nuovi bisogni, santi nuovi. Dio aggiorna il Vangelo: lo Spirito modella nuovi profili. Quanti testimoni tra i nostri giovani cantano con la loro vita il primato di Gesù Cristo e la scelta di Dio! (cfr Beato Carlo Acutis, Carlotta Nobile, Nicola Perin, Gianluca Firetti, Angelica Tiraboschi, don Salvatore Mellone etc. etc). Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

3. Nella desertificazione spirituale del nostro mondo abbiamo la missione magnifica di risvegliare il desiderio della santità! E che cos’è la santità, se non la felicità di vivere in Cristo i nostri giorni! La semplice felicità di esistere in Lui, con Lui, per Lui! Come essere felici senza rispondere, corrispondere alle preferenze, al sogno di amore del Signore su di me? Chi è più felice di un santo! Certo in questa vita terrena non è data la pienezza della felicità e della gioia, ma quanti brani di gioia possiamo sperimentare e testimoniare se abbarbicati e radicati in Lui, Signore della Vita! E questa felicità/gioia è contagiosa e creativa, permette di produrre i veri frutti di bellezza, giustizia e pace! Permette di dare solidità ad ogni progetto di rinnovamento ecclesiale, sociale, culturale.

4. La Chiesa sceglie oggi come Vangelo l’inno alla gioia, composto, suonato, cantato su una collina di Galilea sulla riva del lago. Carta della santità, questo canto di otto strofe. Un solo ritornello: Beati! Beati! Beati! E chi canta è Colui che è la gioia stessa del Padre. Un autoritratto: Gesù vi ha disegnato il proprio volto. Chi dunque come Lui è stato povero, ha pianto, è stato perseguitato? Ma anche: chi più di lui ha consolato, seminato la pace, guarito mille ferite? Otto strofe: i colori dell’arcobaleno in cui si riflette l’unica luce della gloria. Impossibile viverne una senza che tutte le altre seguano. Tutto il cielo (il regno, le lacrime asciugate, il banchetto finale) è già qui, ma con tutto ciò che dobbiamo vivere sulla terra (la povertà, le lacrime, la persecuzione). Cielo e terra si intrecciano uno nell’altra. Un santo: colui il cui cuore si apre al cielo, diventa cielo, una finestra aperta sul cielo. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore!

5. Le Beatitudini sono un inno che ha attraversato i continenti e le generazioni, che ha affascinato i poveri e i piccoli di tutti i tempi: rovescia tutti i valori umani e sempre avvia la più formidabile delle rivoluzioni epocali: dopo la rivoluzione copernicana, dopo la rivoluzione darwiniana, dopo la rivoluzione freudiana, dopo la rivoluzione informatica (infosfera, onlife), dopo la rivoluzione della fisica einsteiniana (relatività) dopo la rivoluzione della meccanica quantistica, è giunto, ma sempre è stato, il momento della rivoluzione della santità che produrrà sulla terra frammenti di cielo realizzato nell’attesa della Gerusalemme celeste dove Dio è tutto in tutti e i nuovi cieli e la nuova terra sciorinano la novità della Pasqua del Signore. Così sia!

Albenga, 1° novembre 2021

+ Guglielmo Borghetti, Vescovo

 

Facebooktwitterrssyoutube