Essere équipe per portare speranza a tutti

Équipe e gruppo in apparenza sono sinonimi, ma di un gruppo di pecore non si può in altro modo dire che sono un’equipe di pecore. Coloro che fanno parte di un’equipe condividono obiettivi, decidono insieme cosa fare e lavorano con differenti ruoli in un clima collaborativo e di fiducia. Quando tutto va per il meglio, come per l’equipaggio di una imbarcazione da regata, si raccolgono soddisfazioni; quando nascono conflitti, saperli affrontare per tempo e in modo costruttivo previene lo sfaldamento dell’equipe. Sonia Sdrubolini, operatore della Fondazione Caritas di Senigallia e membro della Delegazione Caritas della regione Marche, ha parlato di questo agli operatori della carità che sabato 6 novembre ad Albenga hanno partecipato alla formazione “Lavoro di équipe degli operatori pastorali”, iniziativa che ha aperto la settimana in preparazione alla Giornata mondiale dei Poveri. Dopo la recita della preghiera per il Sinodo, il vescovo Guglielmo Borghetti ha salutato e accolto i presenti, in particolare ha rivolto parole di incoraggiamento ad Antonella Bellissimo, nuova direttrice dell’Ufficio Caritas diocesana. “Lavorare insieme nella nostra comunità parrocchiale” ha detto il vescovo “è sinodalità, è operare e camminare insieme. Sant’Ignazio di Antiochia ha detto che Gesù Cristo è “sinodo”, è colui che ‘cammina con noi’ per eccellenza”. Sonia, la relatrice, ricorda che “Tanta pratica e sperimentazione sono alla base di una buona equipe, la teoria per quanto frutto di studio serio e approfondito non è sufficiente”. Per aiutare a capire, ha condiviso la sua esperienza di formazione: a 15 anni ha incominciato a fare volontariato presso una mensa di Macerata insieme alla cugina diciottenne; intraprende gli studi universitari e una decina di anni dopo è tra i soccorritori accorsi in aiuto della popolazione terremotata del Molise, il suo ruolo è mettersi in ascolto delle persone, mentre la Protezione Civile scava tra le macerie in cerca di sopravvissuti. Negli anni si specializza per affrontare le emergenze e nel ruolo di formatrice.

San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi dice che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito”, questo vuole dire varietà di doni e necessità di condivisione: “le cose in cui siamo bravi” dice Sonia “vanno condivise”; un’equipe funziona quando questi doni sono riconosciuti e valorizzati, senza ignorare i punti di debolezza che sono anch’essi presenti. Un’equipe perfetta non esiste, ma la capacità di ascolto e di gestione dei conflitti sono utili strumenti per prendersi cura degli operatori della carità che formano l’equipe dei centri di ascolto e servizi. Ascoltare bene vuol dire “fare spazio” all’altro: lasciarlo parlare, non giudicarlo, sincerarsi di averlo capito senza preconcetti. Gestire i conflitti vuol dire imparare a “stare in una situazione senza farsi troppo male”: va chiesto il punto di vista di una “persona terza”, con il compito di supervisionare il lavoro di equipe, per evitare che il “fare” assorba gli operatori della carità fino al punto di “dimenticare” il senso del loro servizio e la capacità di accoglienza, che si può esercitare verso i poveri se prima si fa crescere e si vive con i compagni di équipe.

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