Obolo di San Pietro

Pratica molto antica è, oggi, diffusa in tutta la Chiesa come «segno di comunione col Papa e di attenzione alle necessità dei fratelli» (Benedetto XVI).

Domenica 26 giugno, in diocesi si ricorda la pratica dell’Obolo di San Pietro, che consiste nel donare al Papa un’offerta da destinare a opere parrocchiali, iniziative umanitarie e di promozione sociale. Si tratta cioè di un valore squisitamente ecclesiale, con cui parrocchie e fedeli consegnano al papa mezzi di sostentamento idonei a sviluppare l’annuncio evangelico e prendere iniziative di promozione umana a chi si trova in stato di bisogno e di disagio sociale. 
L’origine dell’Obolo di San Pietro si colloca a fine VIII secolo e risale alla conversione del popolo anglosassone, il quale, per dimostrare la sua fedeltà al vescovo di Roma, decide di mandargli ogni anno uno stabile contributo, chiamato, a seguito della diffusione negli altri Paesi europei, «Denarius Sancti Petri», che liberamente tradotto risponde al nome di «Obolo di San Pietro».
Attualmente, tale colletta è diffusa nel mondo cattolico alla domenica più vicina alla solennità degli apostoli, Pietro e Paolo, durante la quale il credente unisce all’offerta una preghiera per il Santo Padre e le sue intenzioni. Non a caso, secondo Benedetto XVI, l’Obolo di San Pietro è espressione della partecipazione dei fedeli alle iniziative della Chiesa universale e «un gesto che ha valore non soltanto pratico, ma anche fortemente simbolico, come segno di comunione col papa  e di attenzione alle necessità dei fratelli».
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