La comunicazione e la cura della testimonianza

Anche per gli adulti di Azione cattolica è stato tempo di riprendere i campi estivi, dopo lo stop di due anni dovuto al Covid. Un tempo che, come sappiamo, ha cambiato il nostro modo di relazionarci e di comunicare. Comunicare è stato proprio il titolo del campo diocesano che si tiene a Ormea dal 21 luglio a oggi.

Anzi, ComunICare, giocando sul famoso motto di don Milani “I Care”: mi sta a cuore la comunicazione. Ci ha introdotti al tema il racconto di Babele: quel desiderio di uniformità che cancella le differenze uccide la comunicazione, che è varietà di linguaggi e di strumenti, come abbiamo visto nella mattinata di venerdì, con l’aiuto di Tullio Tinti, Psicologo e Counselor, scoprendo che non è possibile non comunicare, ma ogni gesto, ogni atteggiamento, ogni espressione, comunica qualcosa di noi e traduce il nostro pensiero. Ma la comunicazione si serve di due livelli: il contenuto, ossia il messaggio che vogliamo veicolare, e il modo in cui lo veicoliamo, le cosiddette istruzioni. E così nel pomeriggio di venerdì i partecipanti hanno potuto conoscere tre diversi modi di comunicare con gli altri: attraverso la musica e il canto, con Alex Cadili, musicista e cantautore non vedente genovese, collaboratore con la radio diocesana Radio fra le note; attraverso la lingua dei segni, grazie ad alcuni rappresentanti dell’Ente Nazionale Sordi; attraverso gli strumenti di comunicazione digitale e social media, in collegamento remoto con l’associazione Punto Giovane di Riccione, che si occupa di coinvolgere i giovani in esperienze comunicative originali. La giornata di sabato è stata invece dedicata al comunicare con Dio, attraverso un’esperienza di deserto personale presso il santuario di Vicoforte, la mattina, e un incontro con la comunità delle sorelle Clarisse nel pomeriggio. Un incontro che ci ha aiutati a capire come la comunicazione cominci dal silenzio e dall’ascolto. Il campo si è concluso domenica con uno sguardo più missionario. Come comunicare Dio agli altri. L’icona della Pentecoste ha fatto da sfondo a questa riflessione sul nostro mandato ad essere narratori di gioia e di speranza. Perché per un cristiano comunICare significa testimoniare.

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