Una vera esperienza sinodale della Chiesa italiana è quella che abbiamo vissuto a Roma – ci dice don Pierfrancesco Corsi, Vicario Episcopale per il coordinamento delle Attività Pastorali – da lunedì 31 marzo a giovedì 3 aprile 2025 insieme ai delegati di tutte le diocesi italiane. La delegazione della diocesi di Albenga-Imperia alla Seconda assemblea delle Chiese che sono in Italia è formata da don Pierfrancesco Corsi (Vicario per la Pastorale), da Danilo Rovere (Acli), Paolo Pastorelli (Baracca) e da don Fabio Bonifazio invitato come Responsabile per la Catechesi della Regione ecclesiastica Ligure. In totale 1008 persone: 7 cardinali, 168 vescovi, 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi e 530 laici, tra i quali 277 donne e 253 uomini. È stato chiaro da subito che il testo delle proposizioni sottoposto all’attenzione dei delegati è stato ritenuto dalla quasi maggioranza dei partecipanti troppo vago e perfino reticente su questioni ritenute cruciali in questo tempo. Le 50 proposizioni che scandivano il documento non restituivano affatto il senso delle proposte giunte dalle diocesi e da tutte le realtà (movimenti, associazioni, reti sinodali) che hanno dato il proprio contributo per costruire lo strumento che avrebbe dovuto definire il documento finale. A fronte della discussione che c’è stata, libera e franca, si è deciso di rinviare tutto all’Assemblea del 25 ottobre. La decisione è stata presa a larga maggioranza votando una mozione conclusiva (mozione 1 del 3 aprile 2025) che ha ottenuto 835 voti favorevoli, 12 voti contrari e 7 astenuti. Danilo Rovere ha affermato: «La Seconda assemblea sinodale delle chiese che sono in Italia è stata una bella occasione di confronto democratico. L’aver posticipato ad un ulteriore incontro l’approvazione del testo finale è un grande atto di responsabilità e rispetto del sentire comune della Chiesa italiana, nonché una prova di maturità». Possiamo affermare che l’assemblea è stata una vera esperienza di Chiesa sinodale, un momento di crescita ecclesiale nella fatica del confronto e nella capacità della accoglienza reciproca. Il confronto tra le opinioni è stato vivace, segno che la sinodalità è stata assunta come modalità reale di lavoro e di impegno. Abbiamo realmente camminato insieme, vescovi, sacerdoti, religiosi, diaconi e laici, con schiettezza e spirito di comunione. Le posizioni critiche, hanno potuto essere espresse con libertà e chiarezza, con quella parresia tanto auspicata da papa Francesco. Si è chiesto che cosa mancasse al documento e la risposta della teologa Serena Noceti è stata molto chiara: «Il coraggio. Il testo era troppo blando. Il documento era a tratti troppo burocratico, poco capace di leggere la complessità della realtà. Mancavano la passione e il sogno». È emersa la questione del metodo. Non è accettabile che un testo venga redatto semplificando la ricchezza delle richieste e delle proposte emerse da decine di migliaia di persone che in questi anni si sono impegnate nel cammino sinodale. Un testo “inadeguato”, così sempre Serena Noceti, non adeguato ad un cammino sinodale svolto finora, né alla prospettiva della Chiesa chiamata a riforme decisive. Monsignor Castellucci alla conclusione dei lavori ha detto: «Non è ancora maturo, va ripensato globalmente. Servono maggiore profondità, sintesi condivisa e coerenza col Sinodo universale».