Omelia del Vescovo per la Domenica di Pasqua di Risurrezione 2021 – Cattedrale di San Michele – 4 aprile 2021

              Senza speranza è difficile vivere

1. La pagina evangelica ascoltata è suggestiva e stupenda! L’episodio è narrato con una grande ricchezza di particolari e ci aiuta a comprendere e a rivivere il mistero della Pasqua di Risurrezione, sorgente perenne della Speranza. E’ l’incontro di due uomini discepoli di Gesù che, possiamo dire,  erano stati cristiani – oggi qualcuno direbbe sono  post-cristiani (E. Poulat)- e che ormai hanno perso la fede e con la fede la speranza: “speravamo che egli fosse…con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute” (Lc 24,21) Nel romanzo  Serotonina, di Michel Houellebecq, scrittore e saggista francese un po’ discusso,  a un certo punto un personaggio dice: Non speravo niente, ero pienamente consapevole di non avere niente da sperare”.   Una frase che fotografa uno stato d’animo: niente speranza, tutto buio, il destino sembra essere il nulla. Eppure, subito dopo, il personaggio ritratto da Houellebecq fa capire che qualcosa in cui sperare, nascosto alla vista, c’è eccome, quasi un moto di ribellione alla prospettiva del niente. San Paolo nella Lettera agli Efesini collega l’essere senza Cristo e senza Dio in modo stretto con l’essere senza speranza ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, …senza speranza e senza Dio nel mondo” (Ef 2,12); ‘quel tempo’ di cui parla che sia il mio e il nostro oggi!

2. Siamo alla terza sera dopo che si è consumata la tragedia del Calvario: due uomini stanno percorrendo la strada che da Gerusalemme porta ad Emmaus, piccolo villaggio distante circa undici chilometri. Hanno lasciato la città santa, scena del dramma della redenzione e nel contempo massima espressione della misericordia del Padre; sono decisi a rientrare per sempre nell’oscurità delle loro case e nella banalità dei loro piccoli quotidiani interessi. Ci possiamo riconoscere in questi due discepoli ‘post-cristiani’ e addirittura li possiamo considerare quasi come la personificazione di una mentalità diffusa dove fede e speranza sono evaporate, dove i punti fermi di una visione del mondo cristiana si sono gradualmente sbriciolati. “Oggi basta avere almeno quarant’anni per percepire la sensazione di distacchi epocali da interi mondi di abitudini e di comportamenti perduti, e che si stanno completamente dimenticando” (Schiavone). Il principio architettonico che ‘teneva’ un modo di pensare ed interpretare la realtà si è sfaldato e liquefatto in una serie di rivoli che non fissano nessuna certezza. Le idee ci hanno deluso, occorre essere pragmatici e c’è chi si rassegna ad un’esistenza vissuta nel segno di un individualismo senza ideali e c’è chi vive un ‘ateismo felice’ che basta a se stesso: dalla defezione dai valori al primato della quotidianità spicciola; dalla defezione dai valori alla banalizzazione sentimentale della morale risolta in buonismo o moralismo di cassetta. La fede e la speranza riposta in Gesù di Nazareth sembra ai due viandanti un bel sogno di giorni passati che adesso, risvegliati come sono da evidenze contrarie, non ritengono più possibile continuare a sognare e scivolano della tristezza e nel disincanto. Tutto è finito.

3. Con la fede hanno perso anche la capacità di sperare. L’uomo che ha smarrito una visione soprannaturale della realtà può solo crearsi delle illusioni, ma in prospettiva non può aspettarsi niente di consistente e di consolante. Senza speranza è difficile vivere: “hanno il volto triste” La società dei nostri tempi può anche simulare l’antica allegria, in realtà in tutte le sue espressioni più significative, pensatori, poeti, artisti, uomini di spettacolo, manifesta più che altro un acuto senso del vuoto, una sottile malinconia, una invincibile angoscia, un nichilismo diffuso.

I discepoli di Emmaus come gli uomini nostri contemporanei hanno perso la fede, la speranza, la gioia: conversavano, discorrevano, discutevano…; l’effluvio delle parole non ridona però letizia, non rende più ragionevoli. Quei due post-cristiani conoscono le Scritture; ma non sanno penetrare nella loro sostanza. Sono al corrente anche di tutta la più recente vicenda della comunità ecclesiale, di tutto quello che è accaduto in questi giorni, ma il loro spirito rimane lontano. Hanno Gesù accanto, compagno di viaggio, così come egli è vicino, presente, amico per l’umanità di tutti i tempi e quindi anche dei nostri; ma i loro occhi sono incapaci di riconoscerlo “qualcosa in cui sperare, nascosto alla vista, c’è eccome”. Meritano il rimprovero, stolti e tardi di cuore; oggi siamo più istruiti, culturalmente attrezzati, vivaci, informati su tutto; eppure ‘stolti’, poveri di quella sapienza vera che consente di leggere dentro le cose e gli eventi per coglierne il senso profondo, tardi di cuore non sanno aprirsi alla verità del Risorto e alla sua grazia.

4. Gesù parla loro anzitutto attraverso le Scritture. Avvertono come una nostalgia delle persuasioni perdute, un desiderio profondo di non abbandonare per sempre il contatto col loro Salvatore, una consapevolezza che senza di Lui la notte del mondo è cupa e senza stelle (cfr. Valerii, La notte di un’epoca) senza certezze vitali, senza ideali per i quali metta conto spendersi, senza prospettive confortanti e durature. Il cuore gli arde! Dal profondo del loro essere fiorisce l’implorazione “resta con noi, perché si fa sera…” Lui resta, entra per rimanere con loro e poi ripete per i due discepoli il gesto-cardine di ogni Eucaristia: prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo dà. I loro occhi si aprono e lo riconoscono.

5. Davvero l’uomo si ritrova in questi due personaggi! Celebrare autenticamente la Pasqua vuol dire per tutti noi incontrare sulla nostra strada il Signore Risorto, riconoscerlo ed esserne trasformati. Se lo riconosceremo e lo troveremo riavremo la speranza dell’esistenza, la gioia di vivere con uno scopo. Se lo riconosceremo e lo troveremo, non ci accontenteremo di restare chiusi nella nostra tranquillità privata, ma ci faremo annunciatori a tutti della novità pasquale e grideremo al mondo più con la vita che con le parole: davvero il Signore è risorto.

6. Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo avuto momenti difficili, bui; momenti nei quali camminavamo tristi, pensierosi, senza orizzonti, soltanto un muro davanti. Anche la nostra età vive un momento particolarmente critico e per l’emergenza sanitaria che sembra non lasciarci e per le conseguenze economiche della stessa sui singoli e sulle imprese; tanta rabbia si genera e tanta ribellione interiore e, a volte, esteriore. Gesù sempre è accanto a noi per darci la speranza, per riscaldarci il cuore e dire: “Vai avanti, io sono con te.”. Il Risorto camminerà con noi sempre; anche nei momenti più dolorosi, anche nei momenti più brutti, anche nei momenti della sconfitta: lì c’è il Signore che ci aiuterà ad illuminare con la luce della Parola gli eventi e a scoprirne il senso profondo. E questa è la nostra speranza: Lui è accanto a noi e cammina con noi, sempre e sempre ci incoraggia! E sempre senza indugio faremo ritorno a Gerusalemme a testimoniare la potenza della Risurrezione!

+ Guglielmo Borghetti, vescovo

 

Albenga, 4 aprile 2021
Domenica di Pasqua di Risurrezione

 

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