Omelia del Vescovo per la Solennità dell’Epifania – mercoledì 6 gennaio 2021 – Cattedrale di San Michele – Albenga

Turbamento e gioia

1. Oggi celebriamo la ‘manifestazione’ del Signore al mondo intero, ai ‘lontani’ rappresentati dai Magi venuti dall’Oriente. Oltre che portatori dei tre doni oro per Gesù re dei re della terra, incenso per onorare la divinità di Gesù, mirra simbolo della passione redentrice a cui si sarebbe consegnato per noi, i tre Magi rappresentano anche i tre figli di Noè, Sem, Cam e Iafet, ossia tutta l’umanità che da essi sarebbe discesa secondo il dettato biblico.

2. In questa Epifania del 2021 vi invito a entrare in due stati d’animo vissuti intensamente dai personaggi del brano evangelico di Matteo: il turbamento e la gioia. Erode e con lui tutta Gerusalemme vivono il primo: il turbamento; i Magi appena vedono la stella del Messia vivono il secondo: la gioia.

a “Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme” (Mt 2,3) Riflettiamo un poco sul turbamento di Erode e di Gerusalemme. La parola usata dall’evangelista è nel greco biblico etarachthē, ed esprime una vasta gamma di stati interiori: disturbo, sconvolgimento, agitazione, spavento, inquietudine, stress emotivo acuto, un grande disagio interiore, un essere in seria difficoltà. Questo verbo esprime disagio misto a paura ed è usato nei vangeli anche da Luca per dire quello che provò Zaccaria quando gli apparve l’angelo (Lc 1,12), e da Giovanni per dire il turbamento dei discepoli quando videro Gesù camminare sull’acqua pensando che fosse un fantasma (Mt 14,26). Erode è l’usurpatore, figlio di Antipatro, un idumeo e non un giudeo della genealogia di Davide, pertanto non aveva alcun diritto di essere re è logico che sia turbato alla notizia dei Magi relativa al vero re, al Messia. La preoccupazione di Erode è decisamente comprensibile; in quanto edomita e messo sul trono dai romani, egli era esposto al rischio di dover sottostare alle rivendicazioni di un re della vera dinastia davidica. Erode sa bene che non è il legittimo erede al regno davidico; egli ha usurpato il trono allineandosi con Roma. Possiamo chiederci inoltre perché si turba con lui anche ‘tutta Gerusalemme’ È plausibile pensare che ‘tutta Gerusalemme’ si riferisca alla classe dirigente di Gerusalemme che controllava la politica, l’economia e le attività religiose del resto della nazione, molti componenti della quale erano stati scelti personalmente da Erode, avevano avuto da lui ‘la poltrona’, come si dice, e quindi lo sostenevano, erano sostenitori del la sua politica. Certo ci si aspetterebbe che la leadership religiosa e politica celebrasse con gioia la notizia della nascita del proprio re; invece il Suo arrivo sembra proprio rappresentare una minaccia per il potere religioso e politico corrotto di Israele. L’opposizione a Gesù del resto, sarà costante, i Vangeli ne danno prova frequente fino alla passione.
Forte il contrasto: da una parte vediamo il regno mondano voluto da Roma fondato sull’inganno, sulla crudeltà e il regno divino fondato sulla verità e sulla compassione amorevole. Il regno mondano cercherà sempre di ostacolare il regno di Dio, di anteporre il proprio potere a quello di Dio; si consuma nella storia una vera e propria guerra spirituale. Erode temeva che questo bambino interferisse con la sua vita, il suo posto, il suo potere e la sua influenza e quindi il suo primo istinto fu quello di ucciderlo, eliminarlo. Nell’inno dei Vespri della Solennità dell’Epifania si canta “Perché temi, Erode il Signore che viene? Non toglie i regni umani chi dà il regno dei cieli”. È un inno famoso tratto dal più ampio A solis ortus cardine del poeta cristiano del V secolo d.C. Celio Sedulio. Ma Erode e con lui tutta Gerusalemme temono grandemente! Il Signore trasfigura il potere umano in servizio d’amore. Il suo potere e il potere dell’amore che salva dall’effimero e dal nulla. Peccato che anche la nostra cultura sia ‘spaventata’ da Gesù Cristo e tenda ad ‘eliminarlo’, a non farlo entrare nella storia. Lo vive come un concorrente, più o meno esplicitamente. Quasi sembra dire ‘non abbiamo bisogno di te!’. È una sorta di laicismo a-cristico, Cristo è ‘evaporato’.

Anche a noi può capitare di sentirci ‘disturbati’ dal Signore; può capitare che le esigenze della Sua sequela, diametralmente opposte a quelle del mondo, ci portino a volerlo “eliminare”. Se riconosciamo in Gesù il Signore, infatti, dobbiamo rinunciare alla signoria del nostro io, a mettere noi stessi al centro del mondo, per adorare Lui e vivere sotto la Sua signoria. Solo così potremo svolgere quel ministero di cui ci parla oggi S. Paolo nella Lettera agli Efesini e che appartiene a tutti i battezzati: annunziare al mondo ‘la grazia di Dio’. Annunziare al mondo che ci sono “valori” capaci di dare la felicità, ma che non possono essere messi in banca; valori diversi da quelli economici: valori eterni e capaci di darci quella felicità che il denaro, il “piacere” o il potere non saranno mai capaci di darci. La mia generazione ricorda certamente quel 22 ottobre del 1979 quando San Giovanni Paolo II pronunciava quella indimenticabile Omelia d’Inizio del suo pontificato: “il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: “O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi”. Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!

Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! …Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna” (GIOVANNI PAOLO II, Omelia Inizio pontificato 22 ottobre 1978).

3.b “I magi provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10). La stella del Messia vista dai Magi produce nel loro cuore una ‘grandissima gioia’, è la ‘gioia del Vangelo’ è la bella notizia che si fa esperienza ed incontro, che trasforma il cuore dei cercatori di Dio e spacca il disincanto del mondo, spacca il mio disincanto. “E qui oggi, tra le tante stelle cadenti nel mondo, la stella luminosa di Gesù! Seguendola, avremo la gioia, come accadde ai Magi, che “al vedere la stella, provarono una gioia grandissima” (Mt2,10); perché dove c’è Dio c’è gioia. Chi ha incontrato Gesù ha sperimentato il miracolo della luce che squarcia le tenebre e conosce questa luce che illumina e rischiara. Vorrei, con tanto rispetto, invitare tutti a non avere paura di questa luce e ad aprirsi al Signore. Soprattutto vorrei dire a chi ha perso la forza di cercare, è stanco, a chi, sovrastato dalle oscurità della vita, ha spento il desiderio: alzati, coraggio, la luce di Gesù sa vincere le tenebre più oscure; alzati, coraggio!” (FRANCESCO, Angelus 6 gennaio 2017). La gioia del Signore sarà la nostra forza! (Cfr Ne, 8,10).

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