Omelia del Vescovo nella solennità di san Michele patrono della Diocesi e della Città di Albenga

Chi è al pari di Dio?

  1. Carissimi, celebriamo quest’anno per ovvie ragioni in Piazza San Michele il Patrono della nostra amata Diocesi e della cara Città di Albenga: l’Arcangelo Michele; la liturgia della Chiesa lo festeggia insieme a Gabriele e Raffaele. L’Arcangelo Michele il cui nome significa ‘chi è al pari di Dio?’ è il principe delle schiere angeliche. “Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo” (Ap 12,7). Dopo la vittoria di Michele sul drago in questa inquietante ‘guerra celeste’, l’uomo sa di essere difeso dalle potenze del male. Secondo la tradizione del popolo dei credenti Michele è l’angelo che accompagna le anime nella gloria di Dio e nel medioevo fu visto anche come l’angelo della peste, che arrestava la pericolosa epidemia: sicuramente ha accompagnato tanti concittadini che in solitudine hanno lasciato questo mondo nei mesi oscuri di una primavera che non dimenticheremo mai, e sicuramente prega e combatte perché questa emergenza sanitaria quanto prima abbia termine.
    2. Egli è il protettore, l’angelo che ci colloca vicino a Dio; in lui ci avvolge la forza protettiva e salvifica di Dio, e d’altra parte è anche l’angelo che ci invita a porci sempre la domanda cruciale della vita: “chi è al pari di Dio?”. È una sorta di ‘istinto profondo dell’uomo quello di voler essere come Dio; ricordiamo la tentazione nell’Eden del serpente antico: eritis sicut Deus (Gen 3.5) ‘sarete come Dio’, tentazione che sedusse i nostri progenitori…L’uomo vorrebbe non dipendere da Dio, vorrebbe essere assoluto, ab-solutus, sciolto, vorrebbe potersi determinare autonomamente. Ma quanto più l’uomo prova a essere come Dio, tanto più fallisce nel suo essere uomo. Adora se stesso al posto di Dio, trasforma se stesso in idolo e in criterio ultimo. Questo atteggiamento è la causa di molte sofferenze nel mondo. Chi vuol essere come Dio distrugge la vita, fa fallire la vita, pecca. Il racconto biblico del peccato originale dell’uomo è chiaro (Gen 3). “Il racconto del primo peccato nell’Eden e il racconto di Babele, malgrado notevoli differenze di contenuto e di forma tra loro, hanno un punto di convergenza: in ambedue ci si trova di fronte a un’esclusione di Dio per l’opposizione frontale a un suo comandamento, per un gesto di rivalità nei suoi confronti, per l’ingannevole pretesa di essere «come lui» (Gen. 3,5). Nel racconto di Babele l’esclusione di Dio non appare tanto in chiave di contrasto con lui, ma come dimenticanza e indifferenza di fronte a lui, quasi che Dio non meriti alcun interesse nell’ambito del disegno operativo e associativo dell’uomoNel caso dell’Eden appare in tutta la sua gravità e drammaticità ciò che costituisce l’essenza più intima e più oscura del peccato: la disobbedienza a Dio, alla sua legge, alla norma morale che egli ha dato all’uomo, scrivendogliela nel cuore e confermandola e perfezionandola con la rivelazione” (San Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Poenitentia 13). In tutti e due i casi viene troncato il rapporto con Dio, la dipendenza creaturale da Lui. “Esclusione di Dio, rottura con Dio, disobbedienza a Dio: lungo tutta la storia umana questo è stato ed è, sotto forme diverse, il peccato. Disobbedienza dell’uomo, che – con un atto della sua libertà – non riconosce la signoria di Dio sulla sua vita” (c.s.,13). Senza il riferimento a Dio non esiste vero umanesimo! Quell’umanesimo autentico più volte auspicato da Papa Francesco ed assolutamente indispensabile per una vita buona.
    3.Questo è il primo grande pericolo: che noi stessi vogliamo essere come Dio; ma segue un altro pericolo: adorare idoli al posto di Dio. Il tema è antico, ma è attualissimo, gli idoli esistono sempre nella storia degli uomini; essi sono segni di morte, perché assoggettano la libertà dell’uomo, al contrario del vero Dio che promuove la libertà dell’uomo. Nella nostra epoca questi idoli sono soprattutto il potere, il denaro, il sesso; questi tre ambiti hanno in sé la caratteristica di porsi in modo assoluto e di determinare in modo totale il pensiero e l’aspirazione dell’uomo. “Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto” (G. K. Chesterton). Qualcuno parla di ‘assoluti di sostituzione’ (E. Becker). Secondo Origene l’ateo è in realtà un idolatra che “divinizza il nulla”.
    4. Michele ci ripete con il suo nome la domanda che non ci lascia in pace: “Chi è al pari di Dio?”. Solamente se riconosciamo e adoriamo Dio saremo veramente persone, diventeremo capaci di vivere umanamente tra di noi. Non siamo mai esenti dal pericolo di assolutizzare qualcosa che non ha valore assoluto. L’illusione narcisistica della società post-moderna vorrebbe cancellare il tabù della dipendenza dell’uomo dall’Altro, da Dio. Il suo disegno è quello dell’auto-costituzione, dell’auto-fondazione, dell’auto-realizzazione, dell’auto-determinazione (cfr eutanasia). Mai nessun tempo come il nostro ha esaltato a dismisura la figura di Narciso come emblema di un soggetto che basta a se stesso, indipendente, autonomo. L’ideale seduttivo dell’auto-generazione vorrebbe negare ogni debito, ogni provenienza dall’Altro nutrendo la credenza folle dell’Io che basta a se stesso. Il culto esasperato dell’autonomia individuale recide ogni forma di dipendenza e mina alla radice ogni concezione solidaristica dell’esistenza. Dostoevskij ci ricorda con chiarezza che senza il Cristo “nessun privilegio, astratto o naturale, permetterà mai all’uomo di dividere le ricchezze con giusta equità, tra tutti. Senza il Cristo non dividerete mai il pane…”. Senza di Lui ogni opera di solidarietà sarà un’eterna ‘incompiuta’. Siamo tutti legati dagli stessi problemi di vita e di morte, dallo stesso destino. Solidarietà e fraternità non sono possibili senza il riferimento ad una paternità superiore. Come ha detto Papa Francesco: siamo tutti sulla stessa barca e nessuno può salvarsi da solo e nessuno salverà l’altro se non vi scorgerà il volto di un fratello. Ma senza riferimento a Dio Padre tutto questo è utopia. Possano i nostri giorni vedere “il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”, e ogni uomo correggere la rotta della propria esistenza orientandosi sul Dio di Gesù Cristo, ponendo la vita sotto la sua signoria e gridare con le schiere angeliche guidate da Michele: “Non agli dèi, –non agli idoli– ma a te voglio cantare” (Ps 137,1) perché “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo! San Michele Arcangelo prega per la nostra Diocesi, per la nostra Albenga, per il mondo intero; tutti noi proteggi e tutti guida nelle vie di Dio! Amen

+ Guglielmo Borghetti
Vescovo di Albenga-Imperia

 

 

 

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