Una vita donata
1. “Questo è il mio corpo, che è per voi” (1 Cor. 11,23). “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue” (1 Cor. 11,24). Il ‘corpo’ e il ‘sangue’ dicono il dono totale di sé: Cristo offre la sua vita per la salvezza dell’umanità. È un atto di amore radicale, un sacrificio d’amore che si compie sulla Croce, ma che viene anticipato sacramentalmente nella Cena del Signore nei segni del pane spezzato e del calice del vino: banchetto sacrificale, sacrificio conviviale. Il gesto di spezzare il pane è il gesto visibile che rappresenta quel dono. Nella liturgia, il sacerdote spezza l’ostia consacrata per ricordare il corpo di Cristo crocifisso, frantumato. non è solo un simbolo di morte: è anche segno di comunione, di condivisione. Il pane, spezzato e condiviso, diventa nutrimento per molti, unendo i fedeli in un solo corpo, la Chiesa e quando un frammento dell’ostia viene immerso nel calice, si esprime l’unità inseparabile del Corpo e del Sangue di Cristo, presenti entrambi nell’Eucaristia. È la frazione del pane, antica tradizione che sottolinea la completezza del dono e la comunione con il Cristo Risorto.
2. Cristo, nel suo sacrificio sulla Croce, dona tutto sé stesso, fino all’effusione del suo sangue, per la redenzione dell’umanità. Il corpo spezzato e il sangue versato dicono l’offerta radicale che ogni cristiano è chiamato a compiere: vivere non per più per sé stessi, ma per Dio e per gli altri, “perché non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi” recita la quarta preghiera eucaristica. Come Cristo ha donato il suo corpo e il suo sangue, anche il discepolo è chiamato a offrire la sua vita, nel servizio alla gloria di Dio, nella preghiera e nella carità. Nell’Eucaristia il Corpo e il Sangue di Cristo sono il segno più grande ed espressivo della sua presenza viva e della sua comunione con noi.
3.Partecipare al suo Corpo e al suo Sangue significa accettare il suo sacrificio, farlo nostro e diventare capaci di donare la vita, un invito a vivere con coraggio e senza riserve il dono totale, si al cuore della esperienza cristiana c’è solo e soltanto l’amore che si dona.
4. Gesù ha donato sé stesso completamente. Il suo sacrificio d’amore non è stato imposto, ma scelto liberamente per la redenzione del mondo. Questo gesto diventa esempio per ogni cristiano: donare la propria vita come Cristo ha fatto sulla croce, per puro amore. La legge suprema dell’esistenza, secondo la fede cristiana, è il dono di sé: vivere non per sé stessi, ma per Dio e per gli altri come Cristo: L’Eucaristia memoriale del suo sacrificio d’amore ci nutre per comunione e ci plasma per adorazione, ci trasforma in Lui.
5. ‘Fate questo’: nell’Eucaristia, il corpo e sangue di Cristo sono realmente presenti e vengono offerti a noi fedeli come fonte di vita e salvezza. Mangiare il pane spezzato e bere al calice il sangue versato significa accettare il sacrificio di Cristo e unirsi a lui nella sua missione di amore e redenzione. Il Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti nel Sacramento della Santissima Eucaristia sono realtà viva che continua ad agire nella storia e nei cuori di chi crede, sono forza trasformante che imprime e nutre lo slancio del dono di sé. Offrire la propria vita, è l’ethos del dono di cui parlava San Giovanni Paolo II. La vita non è fatta per essere vissuta e goduta in isolamento, ma per essere condivisa. Partecipare all’Eucaristia significa accettare la propria vita e offrirla a Dio e agli altri, creando e promovendo legami di comunione, di solidarietà e pace.
6. L’Eucaristia è il cuore pulsante di questa dinamica relazionale ed oblativa: Cristo ha offerto sé stesso per la salvezza del mondo, e noi siamo chiamati a fare lo stesso, ad allenarci, nella Grazia dello Spirito Santo, all’ethos del dono.
7. In questo tempo difficile ed inquietante per il moltiplicarsi di violenza, rabbia e guerra abbiamo bisogno di uomini e donne capaci di generosità radicale, allenati alla cultura del dono di sé. Il dono è gesto eversivo. In una società dominata dall’“homo oeconomicus”, il dono di sé è un gesto controcorrente, capace di ispirare anche nuovi modelli sociali. Non si tratta di un atto individuale, ma una forma di resistenza all’utilitarismo e all’individualismo. È un modo di vivere che mette al centro la relazione, la gratuità e l’apertura all’altro. La vita sacerdotale, la vita consacrata, il matrimonio cristiano, il volontariato, la cura, la donazione di tempo o di organi sono esempi concreti di questa logica alternativa. Certo. non si tratta semplicemente di fare qualcosa per gli altri, ma di essere per gli altri, in un atteggiamento di disponibilità profonda e autentica. Il dono di sé è ‘reciprocità non strumentale’ (Chiara Lubich), non si dona per ricevere, ma perché si sente il bisogno di costruire legami veri. Nel tempo della ‘erosione della empatia’, della visione individualista della persona umana, della cultura dell’efficienza, l’eucaristia vissuta, il nostro corpo dato e il nostro sangue versato, inaugurano sempre albe di una nuova umanità sensibile alla reciprocità, alla relazione con Dio e i fratelli nel segno della totale offerta di sé stessi. Lo Spirito Santo ci doni di vivere sempre in quella carità che ha spinto Gesù a dare la sua vita per noi. Cosi sia!