Omelia del Vescovo per la Solennità degli Arcangeli Michele Raffaele e Gabriele – Albenga, Cattedrale di San Michele 29 settembre 2025
“Scoppiò una guerra nel cielo”
Eccoci radunati ancora una volta nella nostra Cattedrale di San Michele a celebrare il Patrono della Diocesi e della città di Albenga: San Michele Arcangelo! La pagina del Libro dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato ci offre un’immagine forte e drammatica: una guerra nel cielo. Questa guerra celeste non è un mito lontano, né tantomeno una favola per bambini. È metafora di una realtà che ci tocca da vicino. Il drago, il serpente antico, Satana, è stato precipitato sulla terra e qui, tra noi, continua a combattere. Non con armi visibili, ma con la seduzione, con la divisione, con la menzogna. È la guerra spirituale che ciascuno di noi vive ogni giorno: nel cuore, nelle relazioni, nella società. È guerra tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Michele, il principe delle milizie celesti, guida gli angeli fedeli contro il drago, simbolo del male, del caos, della menzogna.
È chiaro il senso: quella ‘guerra nel cielo’è un conflitto che continua nel cuore dell’uomo e si dispiega nella storia del mondo. Il drago è stato precipitato sulla terra e qui continua a sedurre, a dividere, a insinuare il dubbio, a fomentare l’odio. La guerra spirituale è ancora in corso. Non si combatte con armi, ma con la verità, la giustizia e la misericordia.
San Michele non è solo un guerriero: è il difensore della comunione, il custode della verità, colui che dice con il suo stesso nome “Chi è come Dio?”, colui che si oppone all’arroganza del male, che si rifiuta di adorare il potere, che difende la sovranità di Dio. In un mondo dove spesso si idolatrano il successo, il denaro, l’apparenza, Michele ci invita a rimettere Dio al centro. In un mondo dove l’egoismo, la violenza e la menzogna sembrano prevalere, Michele ci ricorda che il male non ha l’ultima parola. La sua vittoria è segno che il bene può vincere, ma non senza lotta. Viviamo una stagione della storia in cui la parola “guerra” è tornata ad essere tragicamente attuale. Guerre tra popoli, guerre economiche, guerre ideologiche. Ma non dimentichiamo che c’è anche la guerra più sottile che parte dalle coscienze e da cuori ammorbati: quella contro la verità, contro la dignità umana, contro la speranza. San Michele ci ricorda che non possiamo restare neutrali, ci invita a non essere spettatori, ma combattenti. Ogni cristiano è chiamato a combattere non con odio, ma con la forza dell’amore, con la forza dell’Agnello.
Michele non combatte da solo. Con lui ci sono gli angeli fedeli, e anche i fratelli che riconoscono la signoria di Dio. La vera forza non è quella delle armi, ma quella della croce. Non è quella del dominio, ma quella del dono di sé. L’Apocalisse ci indica le armi della vittoria, le armi della pace e dice “Essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza”. Le vere armi della pace sono il sacrificio di Cristo e la fedeltà dei suoi discepoli. Testimoniare la verità, amare fino alla fine, non cedere alla paura: questa è la via della vittoria. San Michele ci guida, ma siamo noi a dover scegliere da che parte stare. Questa è la vera rivoluzione cristiana. In un mondo che ci invita a pensare solo a noi stessi, a difendere i nostri interessi, a chiudere gli occhi davanti al dolore altrui, San Michele ci invita a combattere per ciò che conta davvero: la giustizia, la pace, la verità. E allora diciamo con vigore che la pace non è una “utopia spirituale” (Leone XIV), ma la più concreta delle urgenze davanti all’egemonia della cultura della guerra basata come ha detto Leone XIV sulla “globalizzazione dell’impotenza che è figlia di una menzogna: che la storia sia sempre andata così, che la storia sia scritta dai vincitori. Allora sembra che noi non possiamo nulla. Invece no: la storia è salvata dagli umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica umanità resiste e si rinnova” (Leone XIV, videomessaggio 12-09-2025). Si tratta di realizzare un radicale rovesciamento del paradigma dominante invece di pensare la pace come semplice assenza di guerra o come suo esito finale, consideriamola come condizione originaria e principio fondativo dell’agire politico e giuridico. La pace come principio, non come fine. Contestiamo l’adagio “si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra), proponendo invece “si vis pacem, para pacem” – se vuoi la pace, prepara la pace. Pensiamo la pace non come utopia, ma come realtà da costruire, smontando la superstizione della guerra come necessità storica. Non è la pace a interrompere la guerra, ma il contrario. La guerra è una scelta, non una fatalità (cfr Greco, Critica della ragione bellica, 2025).
Il brano si conclude con un grido di gioia: “Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi”. La vittoria è già stata conquistata. Cristo ha vinto. Il male è stato sconfitto. Ma sulla terra, il combattimento continua. E noi siamo chiamati a essere parte di questa battaglia non con paura, ma con speranza. Ci rendiamo conto come con San Michele non celebriamo solo un arcangelo, celebriamo una vocazione: quella ad essere combattenti del bene. In ogni gesto di amore, in ogni parola di verità, in ogni scelta di giustizia, noi partecipiamo alla vittoria di Dio. San Michele è un custode, un intercessore, un compagno di viaggio. Affidiamoci a lui. Chiediamogli di difendere il nostro mondo, la nostra patria, la nostra comunità diocesana, la nostra città, le nostre famiglie, le nostre coscienze. San Michele ci accompagni, ci protegga, e ci renda forti nella battaglia della vita. Così sia!